Cosa sono i bias cognitivi

Ci sono numerosi tipi di bias cognitivi che possono verificarsi in diverse situazioni. Alcuni esempi comuni includono:

  1. Bias di conferma: tendenza a cercare, interpretare o ricordare le informazioni in modo selettivo in modo da confermare le proprie convinzioni preesistenti. Ciò può portare a ignorare o sottovalutare le prove contrarie
  2. Effetto ancoraggio: tendenza a fare valutazioni o decisioni basandosi su una prima informazione o numero fornito, anche se potrebbe non essere pertinente o accurato
  3. Disponibilità euristica: tendenza a giudicare la probabilità di un evento in base a quanto sia facile ricordare esempi o informazioni correlate. Si è più inclini a ritenere che eventi o situazioni più vivide o recenti siano più comuni di quanto potrebbero essere oggettivamente
  4. Effetto di reazione negativa: tendenza a reagire in modo più forte alle esperienze negative rispetto a quelle positive. Questo può influenzare la propria valutazione delle situazioni e portare a decisioni basate sulla paura o l'evitamento del rischio
  5. Effetto di sovrastima delle capacità personali: tendenza a sovrastimare le proprie abilità o competenze rispetto alla media. Questo può portare a decisioni eccessivamente ottimistiche o rischiose

Questi sono solo alcuni esempi di bias cognitivi, ce ne sono molti altri. È importante essere consapevoli di questi patterns di pensiero distorti per cercare di mitigarne gli effetti e prendere decisioni più razionali ed equilibrate.


In conclusione, le euristiche sono degli escamotage mentali che portano a soluzioni veloci con il minimo sforzo cognitivo. Quindi, i bias cognitivi sono particolari euristiche usate per esprimere dei giudizi, che alla lunga diventano pregiudizi (stereotipi), su cose mai viste o di cui non si è mai avuto esperienza.

Funzionano come una scorciatoia mentale per avere accesso a tutto. Gli stereotipi, come descritti dal famoso giornalista Walter Lippman, sono le immagini che gli individui hanno nelle loro menti, costruite sulla base di esperienze e di quello che gli viene detto sul mondo. Queste immagini consentono di esprimere giudizi senza avere avuto esperienze dirette su quel determinato argomento, e questo è ciò di cui tratta l'euristica. Gli stereotipi vengono comunemente intesi, in un senso più ampio, come un modo generalmente utilizzato dagli individui per crearsi delle opinioni o esprimere dei giudizi sulle cose che non si conoscono o che non si comprendono completamente.

IN CHE MODO I BIAS COGNITIVI OSTACOLANO IL PENSIERO CRITICO

L'origine del termine bias cognitivo si può far risalire alle ricerche degli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky dei primi anni '70, pubblicate nel 1974 con il titolo Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases.


Un bias cognitivo è un giudizio (o un pregiudizio), non corrispondente all’evidenza, che devia da una norma di riferimento (dunque, una distorsione percettiva), il quale viene sviluppato dall’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio. I due aspetti essenziali di un bias sono:

  1. il bias cognitivo è la conseguenza dell’applicazione di un’euristica
  2. il concetto di bias è legato a quello di errore

Le euristiche sono processi di pensiero automatici, sorti durante l'evoluzione, che aiutano il rapido raggiungimento di una soluzione nel momento in cui occorre prendere una decisione rapida in uno specifico contesto. I bias cognitivi sono il rovescio della medaglia delle euristiche, nel senso che hanno lo scopo di rendere l'essere umano cieco rispetto a certe informazioni per favorire la rapidità e frugalità decisionali. In un certo senso i bias sono euristiche mancate che favoriscono i pregiudizi (stereotipi).

Però, oggi, l'essere umano è immerso in un ambiente molto meno ostile dal punto di vista fisico, ma più ostile dal punto di vista psichico (il sovraccarico informativo e la manipolazione mediatica sono ormai alla base della vita quotidiana). Diventa dunque importante conoscere il funzionamento di entrambi i sistemi mentali (razionale e intuitivo) che governano la mente.

I neuroscienziati, studiando i meccanismi cerebrali coinvolti nei bias cognitivi, si sono accorti che molti bias derivano da meccanismi cerebrali intrinseci, fondamentali per il funzionamento delle reti neurali biologiche. Tali meccanismi neurali orientano il pensiero umano, per default, a prendere decisioni euristiche che coinvolgono il Sistema 1 (pensiero intuitivo). Gli autori della ricerca hanno individuato delle comunanze tra molti (del centinaio di bias conosciuti) e scrivono:

sebbene il numero di euristiche e pregiudizi che sono stati identificati nella letteratura psicologica (e nella economia comportamentale) sia elevato, un'analisi più approfondita rivela molte somiglianze e coerenze tra loro, l'una spesso è un esempio specifico dell'altra. Ad esempio, bias come il conservatorismo, il pregiudizio della familiarità, il riconoscimento euristico, il pregiudizio di conferma, il pregiudizio dello status quo, la giustificazione del sistema, il pregiudizio della normalità, l'illusione della verità e il pregiudizio sul non inventato qui hanno tutti in comune la tendenza a preferire ciò che è compatibile con il proprio stato attuale.

Questa abbondanza di fenomeni di distorsione spesso abbastanza simili può essere prontamente semplificata e spiegata dai principi unificanti delle reti neurali. Va notato, tuttavia, che non sembrava possibile mettere in relazione l'intera gamma (oltre 100) di fenomeni di distorsione con i quattro principi.

Il tipo di distorsioni che non si poteva facilmente mappare sugli attuali quattro principi sembravano essere quelli che si occupano di calcoli e stime su profitti e perdite e sulle scarse capacità di ragionamento statistico in generale. Pertanto, il presente quadro non spiega facilmente perché gli individui non sembrano molto interessati ai risultati del ragionamento di probabilità.

In una società molto più complessa della preistoria, come quella attuale, i bias cognitivi danneggiano la percezione della realtà, favorendo, ad esempio con i social media, la manipolazione delle opinioni. Un esempio influente sono i rischi del cambiamento climatico, negato per decenni.


PUNTO CHIAVE

I meccanismi neurali alla base dei bias cognitivi e che orientano il pensiero umano, per default, a prendere decisioni euristiche che coinvolgono il Sistema 1 (pensiero intuitivo). Si sostiene che molti pregiudizi cognitivi derivano da meccanismi cerebrali intrinseci che sono fondamentali per il funzionamento delle reti neurali biologiche. A sostegno di questo punto di vista, si discerne e si spiegano quattro principi di base della rete neurale:

  1. Associazione
  2. Compatibilità
  3. Mantenimento
  4. Focus

Questi principi sono inerenti a (tutte) le reti neurali originariamente ottimizzate per svolgere concrete funzioni biologiche, percettive e motorie. Costituiscono la base per le inclinazioni degli individui ad associare e combinare informazioni (non correlate), a dare priorità alle informazioni compatibili con il proprio stato attuale (come conoscenza, opinioni e aspettative), a conservare informazioni fornite che a volte potrebbero essere meglio ignorate e concentrarsi sulle informazioni dominanti ignorando le informazioni pertinenti che non sono direttamente attivate. I presunti meccanismi sono complementari e non si escludono a vicenda. Per diversi bias cognitivi possono tutti contribuire in vari gradi alla distorsione delle informazioni. Il presente punto di vista non solo completa i tre punti di vista precedenti, ma fornisce anche un quadro unificante e vincolante per molti fenomeni di distorsione cognitiva.


Le ricerche sperimentali di Tversky e Kahneman portarono a una conclusione rivoluzionaria riguardo alla mente umana, e cioè che gli individui prendono le loro decisioni utilizzando un numero limitato di euristiche (scorciatoie mentali), piuttosto che sofisticati processi razionali.

LE FUNZIONI DEI DUE EMISFERI CEREBRALI

Emisfero sinistro: mente razionale, cosciente:

  • logica
  • analisi
  • matematica
  • linguaggio, parola e scrittura
  • spazio e tempo
  • io separato
  • no emozioni

Emisfero destro: mente irrazionale, inconscia:

  • intuito
  • musica, disegno, arte
  • creatività, pensieri fantastici
  • vista d'insieme
  • colori e ritmo
  • no spazio e tempo
  • emozioni

Negli ultimi decenni la psicologia cognitiva ha chiarito che è impossibile adottare un pensiero esclusivamente razionale perché la mente umana ha incorporato, durante l'evoluzione, una serie di comportamenti intuitivi che hanno consentito all'Homo Sapiens di sopravvivere in ambienti ostili prendendo decisioni euristiche. Le euristiche funzionano correttamente in molti ambiti della vita umana ma producono sistematiche distorsioni del giudizio (biases) in altri ambiti.

Nello schema sotto riportato viene mostrata l'articolazione dei due sistemi di pensiero (intuitivo e razionale) della mente umana secondo la visione di Kahneman e l'attacco che i bias cognitivi esercitano nei confronti del sistema intuitivo, distorcendo la percezione di molti eventi.

Il Sistema 1 incide sul pensiero al 90%, mentre il Sistema 2 incide al 10%.

Molti individui, poco critici con se stessi, probabilmente tenderanno a rifiutare l'idea che anch'essi, in certe situazioni, possano commettere tali errori. Infatti, i dati che minacciano l'autostima degli individui, vengono ignorati: la mente non li digerisce scrive Kahneman (Pensieri lenti e veloci). La percezione di errori cognitivi negli altri si accoppia con la negazione dei propri errori, infatti accade molto raramente di sentir dire a qualcuno mi sono sbagliato. Ma gli errori sono inevitabili e la psicologia ha dimostrato che tutti, anche individui intelligenti ed aperti, li commettono.

L'attento Sistema 2 è quello che l'individuo pensa di essere. Il Sistema 2 articola i giudizi e compie le scelte, ma spesso appoggia o razionalizza idee e sentimenti che sono stati generati dal Sistema 1. Ma il Sistema 2 non è lì solo per giustificare il Sistema 1: impedisce di esprimere apertamente molti pensieri sciocchi e di dare sfogo a impulsi inappropriati.
Un compito chiave è identificare come e in quali situazioni gli individui dovrebbero cercare di passare dal pensiero intuitivo del Sistema 1 al pensiero più deliberativo del Sistema 2 e per progettare situazioni che facciano funzionare il pensiero del Sistema 1 a favore del decisore. Chiaramente, le decisioni minori non richiedono un processo Sistema 2 completo o una nuova architettura decisionale. Tuttavia, più profondamente si comprendono le ripercussioni del pensiero del Sistema 1, più profondamente si desiderano strategie testate empiricamente per raggiungere decisioni migliori.

CONFIRMATION BIAS: PREGIUDIZIO DI CONFERMA

Tutti gli individui tendono a cercare prove ed evidenze a sostegno delle proprie idee e a rigettare quelle contrarie ad esse. Questa semplice verità sembra essere la linea di condotta di ogni individuo. Si tratta di uno dei pregiudizi più studiati dalla psicologia cognitiva perché non risparmia nessuno. Sebbene vi siano differenze individuali, sembra che nessuno ne sia esente, indipendentemente da fattori quali intelligenza o apertura mentale. Gli individui, di fronte ad un'ipotesi da verificare, invece di cercare di falsificarla tendono a confermarla.

Kahneman parla del confirmation bias nel suo libro Pensieri lenti e veloci, nel quale scrive: contrariamente alle regole di filosofi della scienza, i quali consigliano di verificare un'ipotesi provando a confutarla, gli individui (e molto spesso anche gli scienziati) cercano dati che siano compatibili con le loro credenze del momento. L'inclinazione alla conferma del Sistema 1 (quello intuitivo) induce gli individui ad accettare acriticamente ipotesi e ad esagerare le probabilità che si verifichino eventi estremi e improbabili.

Un'ipotesi sul perché si cerca di confermare le proprie credenze risiede nel fatto che, purtroppo, la tendenza alla conferma risiede nel Sistema 2, cioè proprio nel cuore del ragionamento umano. Essa è dovuta alla necessità di argomentare per comunicare con altri, e dunque nella volontà di affermare se stessi in un confronto dialettico.

Quando si cerca di convincere qualcuno, non si vogliono trovare argomenti per l'altra parte, ma si vogliono trovare argomenti per la propria parte. Ed è quello che aiuta a fare il bias di conferma. L'idea qui è che il bias di conferma non è un difetto del ragionamento, è in realtà una caratteristica. È qualcosa che è integrato nel ragionamento; non perché il ragionamento sia difettoso o perché gli individui siano stupidi, ma perché in realtà essi sono molto bravi nel ragionare e sono anche molto bravi nel ragionare per discutere.

Gli individui hanno maturato dei meccanismi neurali che favoriscono argomentazioni e atti di persuasione per il raggiungimento di obiettivi personali piuttosto che per la verità.

Si tratta, dunque, di una forma di autoinganno per il quale sono state proposte diverse cause, tra le quali la difesa dell'identità personale: si difendono idee, principi e modi di vedere che, se rigettate, danneggerebbero il proprio senso di appartenenza.

Gli individui restringono la loro attenzione solo alle osservazioni (o informazioni) favorevoli alle loro convinzioni e rifiutano di prendere in considerazione osservazioni (o informazioni) alternative. In particolare, essi vanno alla ricerca di informazioni che siano coerenti con una sola ipotesi: la loro.


IL BIAS DELL'ILLUSIONE INTROSPETTIVA

L'abitudine umana all'introspezione ha rapidamente creato l'illusione introspettiva, che è un bias cognitivo con cui gli individui pensano erroneamente di avere una visione diretta delle origini dei propri stati mentali, mentre trattano le introspezioni degli altri come inaffidabili. Questa illusione porta gli individui a dare spiegazioni certe, ma false, del proprio comportamento (chiamate teorie causali) oppure previsioni imprecise dei loro futuri stati mentali. Si tratta di un pregiudizio cognitivo che induce gli individui a credere di comprendere le ragioni e le motivazioni alla base delle scelte che fanno. Gli psicologi cognitivi sostengono che quando agli individui viene chiesto il motivo delle loro scelte, di solito inventano risposte che in realtà non spiegano la logica alla base delle loro scelte. Questo perché, anche quando non hanno una visione sufficiente dei propri sentimenti, desiderano comunque offrire una spiegazione razionale delle loro scelte. L'introspezione è un processo mentale in base al quale gli individui usano i contenuti della coscienza per costruire una narrazione personale che può o meno corrispondere ai loro stati inconsci.


BIAS BLIND SPOT: IL PRESUPPOSTO DI TUTTI I BIAS

[Alcuni studi sperimentali attestano che gli individui si accorgono dell'esistenza di distorsioni del giudizio ed errori del ragionamento molto più negli altri che in se stessi. Ognuno ha l'impressione di vedere il mondo oggettivamente, mentre sfugge una zona (cieca) dalla quale ogni individuo esclude se stesso, anche se è un enorme rinoceronte].

I pregiudizi (stereotipi) vengono considerati stupidi e indesiderabili dalla maggior parte degli individui. Tutti credono di essere obiettivi nella propria visione del mondo e di non sottostare a nessuno dei bias che vedono invece agire negli altri (familiari, amici, colleghi, etc). Esiste però un bias che fa da presupposto a tutti gli altri: è l'esistenza di una zona cieca della propria consapevolezza (quasi una metapolarizzazione). Tale zona cieca, denominata Bias Blind Spot, era nota da tempo ma iniziò ad essere studiata empiricamente alla fine degli anni '90 dalla psicologa Emily Pronin. Essa viene così descritta:

Osservazioni quotidiane confermano l'esistenza di pregiudizi (bias) nella percezione umana. Ognuno trova che i propri avversari vedono eventi e problemi attraverso il prisma distorcente della loro ideologia, della storia e degli interessi individuali o del loro gruppo, e del loro desiderio di vedere se stessi in una luce positiva. Quando tuttavia si riflette sulla propria visione del mondo, generalmente si rilevano poche prove di questi pregiudizi. Si ha l'impressione di vedere problemi ed eventi obiettivamente, come sono in realtà. Si vorrebbe concedere, forse, che alcune delle proprie opinioni siano state modellate dalla propria esperienza personale e dall'identità di gruppo, ma si percepisce che nel proprio particolare caso questi fattori hanno condotto ad aumentare la conoscenza piuttosto che il pregiudizio. Il problema, difficilmente risolvibile, sembra essere quello che gli individui non vogliono (inconsciamente) ammettere a se stessi i propri pregiudizi.

In seguito ad alcuni esperimenti su gruppi di individui, si è giunti alla conclusione che tutti i partecipanti hanno percepito se stessi come più obiettivi degli altri in tutti i confronti.

Questa asimmetria nella percezione dei pregiudizi, che la Pronin ha denominato illusione introspettiva fa immaginare che conoscendo la sua esistenza, è possibile evitarla. Ciò infonde una falsa fiducia in se stessi, infatti non è leggendo queste parole o un intero libro di psicologia che si riuscirà ad affrancarsi da essa. Forse, come suggerisce lo scrittore/filosofo Samuel McNerney, gli individui spendono troppa energia per proteggere il proprio ego e non ne rimane per accorgersi dei propri errori percettivi.

Non basta aver capito razionalmente gli errori commessi dagli altri per evitare di farli propri. Infatti proprio perché sono gli errori degli altri, è possibile notarli perché non danneggiano il proprio ego e la propria identità inconscia. Secondo McNerney il motivo per cui si permane nell'errore è che il bias blind spot costruisce una polarizzazione composta da due parti:

  • la prima parte è il bias vero e proprio sul quale ci si concentra per evitarlo (ad esempio il confirmation bias, cioè la tendenza umana a cercare informazioni a sostegno delle proprie convinzioni)
  • la seconda parte è il bias blind spot che sovrasta tutta l'attività di pensiero, cioè il fatto che si tende inconsciamente a proteggere il proprio ego da tutto ciò che può danneggiarlo

In quest'ottica i libri su come prendere decisioni razionali sono parte del problema, secondo McNerney, perché infondono una falsa fiducia: quella che se si conosce l'errore lo si evita. I bias sono prevalentemente inconsci così, quando si riflette sul proprio processo di pensiero, non si può (consciamente) trovare la parte mancante e si costruiscono processi falsamente esenti da errori.


PERCHÉ SI COMPIONO ERRORI SISTEMATICI: UN'IPOTESI EVOLUZIONISTICA

Gli psicologici evolutivi Martie G. Haselton e David Buss nel 2000 hanno avanzato un'ipotesi sui motivi che conducono la mente umana a commettere errori cognitivi sistematici. Essi hanno formulato una teoria, Error Management Theory, nella quale si sostiene che, quando i costi di differenti tipi di errori sono asimmetrici rispetto ai benefici, la selezione naturale creerà meccanismi cognitivi che massimizzeranno l'errore meno dannoso per l'essere umano.


CONCLUSIONI

I bias cognitivi hanno lo scopo di rendere l'essere umano cieco rispetto a certe informazioni per favorire la rapidità e frugalità decisionali.

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